Partnership Museali

Il Museo, per il suo modello gestionale è ritenuto un benchmark all’interno del panorama museale italiano e non solo. Rappresenta infatti, un’eccellenza sia dal punto di vista dell’offerta culturale che dal punto di vista gestionale.

Quali sono i vostri partner pubblici e che peso hanno nella vita del Museo?

Nel 2000 è avvenuto un passaggio importante: da ente pubblico il Museo si è trasformato in Fondazione di partecipazione, di diritto privato. La sua governance è costituita interamente da Istituzioni pubbliche (Ministeri dei Beni Culturali, dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e le tre Università milanesi e da qualche anno anche la Camera di Commercio di Milano), ma la sua strategia di sviluppo, le sue modalità di lavoro e di relazione aprono alla partecipazione a diversi livelli di soggetti terzi.

La performance economica della Fondazione è di ricavi auto-generati pari al 75% del valore di bilancio. In pratica solo il 25% è rappresentato da fondi “certi” di tipo gestionale mentre i costi fissi superano il 50% del valore di bilancio. Questa proporzione e il valore assoluto dei contributi gestionali dai Partecipanti alla Fondazione non sono comparabili agli investimenti effettuati dalle istituzioni di altri Paesi europei su analoghi musei nazionali, di pari missione, superficie e patrimonio storico.

I fondi del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), che eroga gran parte della quota gestionale, sono rimasti gli stessi anche successivamente alla trasformazione in fondazione, e sono stati lievemente incrementati solo l’anno scorso.

Il Comune di Milano, proprietario dell’immobile in cui il Museo è ospitato, eroga fondi che di fatto vengono utilizzati per il funzionamento della struttura, che d’altronde richiede un’attenzione particolare essendo un edificio del 1500. Ci sono poi i contributi finalizzati e, in questo senso, durante questi anni il Comune di Milano ha investito sulla sistemazione dell’edificio mentre la Regione Lombardia ha sostenuto numerosi progetti e attività del Museo. Dal 2003 la Camera di Commercio eroga fondi per progetti e dal 2005 anche un contributo gestionale.

In cosa si contraddistingue il vostro Museo oggi, quali sono i suoi punti di forza?

Il Museo è il più grande museo tecnico-scientifico in Italia, uno dei 5 più importanti musei europei. È leader a livello internazionale per la metodologia dell’educazione informale alla scienza e alla tecnologia. È inoltre il più importante museo al mondo dedicato alla figura di Leonardo Da Vinci. Si distingue oggi nel panorama dei musei scientifico-tecnologici per la modalità di partnership con l’industria, che significa condivisione di obiettivi culturali e lavoro congiunto.

Questi traguardi e un grado di progettualità e di innovatività spinta costituiscono gli asset principali sui quali il Museo può far leva anche per lo sviluppo economico.

Qual è attualmente la vostra strategia di gestione?

L’attuale Direttore Fiorenzo Galli, che si è insediato nel 2001, a un anno dalla trasformazione in Fondazione, ha sviluppato una strategia che si sta rivelando determinante, visto che il budget di 4 milioni di euro del 2001 è arrivato ad oggi ad un valore di 12 milioni di euro: l’organizzazione ha internalizzato tutte le figure professionali necessarie per lo sviluppo di un Museo. A partire dai 36 dipendenti nel 2001 oggi annovera 116 dipendenti, assunti con contratti a tempo indeterminato, una vera rarità nel mondo culturale italiano.

Il Museo oggi si pone obiettivi ben precisi: innanzi tutto un completo rinnovamento sia dal punto di vista tematico, che dal punto di vista delle diverse modalità: nuove sezioni e laboratori interattivi dunque (telecomunicazioni, robotica, genetica e biotecnologie, nanotecnologie, alimentazione, materiali, energia, ecc.) realizzati secondo un nuovo modello museologico e museografico.

Il nostro obiettivo è quello di rinnovarci completamente e la strategia che mettiamo in atto si basa sul dialogo, la partecipazione e il coinvolgimento del mondo esterno, in cui gli stakeholders hanno la possibilità di condividere obiettivi specifici e partecipare ai progetti non solo in termini economici. D’altronde questo approccio era nell’identità della nostra istituzione in quanto già nei primi anni di vita del Museo il fondatore, l’industriale milanese Guido Ucelli di Nemi, con grande visione si impegnò per coinvolgere le istituzioni e le principali industrie della Lombardia.

La nostra attività di rinnovamento e di innovazione è divisa in progetti di diversa tipologia e dimensione. Ogni progetto persegue degli obiettivi specifici, ha budget dedicati predisposti grazie all’attività di fund raising presso partner pubblici e privati, che ritrovano nel progetto specifico un’opportunità per raggiungere i propri obiettivi.

Per noi il senso della partecipazione è proprio questo: fare in modo che il progetto in questione, già nella fase di ideazione, detenga delle caratteristiche che lo rendano interessante anche per soggetti terzi, che giungono alla decisione di finanziarlo.

Per rendere realizzabile un progetto è importante fare in modo che i due mondi, quello del Museo, con il suo staff e la sua identità, e quello dell’impresa e delle istituzioni in generale, si incontrino, dialoghino e costruiscano insieme. Da questo connubio nasce la collaborazione proficua che rende raggiungibili le mete che hanno un impatto sulla comunità e fanno la differenza.

 Su quanti partner potete contare per ogni progetto?

Nel tempo i rapporti con il mondo esterno si sono evoluti. Inizialmente c’erano alcuni progetti sostenuti da Istituzioni pubbliche, altri da fondazioni, altri da aziende.

Oggi spesso si ha la convergenza di soggetti diversi sullo stesso progetto, che assume dimensioni più consistenti.

Un esempio in tal senso è la nuova area dedicata all’alimentazione, alla cui realizzazione hanno preso parte diversi attori, aumentando così il suo valore complessivo.

Qual è il range di investimento medio dei vostri sponsor o partner?

Dipende dalla dimensione del progetto: da programmi educativi che possono essere realizzati con 50 mila euro a interventi di progettazione e di realizzazione di esposizioni interattive che possono superare complessivamente il milione di euro. Di conseguenza cambierà l’investimento e il numero degli sponsor o dei partner.

In che modo valorizzate gli spazi del Museo per gli eventi corporate, ormai molto diffusi anche nel nostro Paese? Con quali vincoli e politiche commerciali?

Gli eventi corporate, l’affitto cioè di alcune sale del Museo per l’organizzazione di eventi aziendali, possono sembrare un’attività accessoria ma rientrano nella missione del Museo, essendo i professionisti delle aziende uno dei pubblici del Museo.

Pur avendo un approccio puramente commerciale, la nostra policy prevede durante un evento anche un’esperienza di natura culturale, come d esempio una visita guidata ad una sezione del Museo.

Dal punto di vista economico-finanziario questa attività rappresenta circa il 10% del budget annuale ma, dal mio punto di vista, crea soprattutto occasioni di relazioni permettendo di entrare in contatto con aziende ed enti, che potrebbero diventare sostenitori. Negli ultimi anni uno dei motivi più frequenti che hanno spinto le aziende a finanziare i nostri progetti è rappresentato dalla possibilità di coinvolgere i propri dipendenti e le loro famiglie in iniziative culturali ed educative di un’istituzione abituata ad “accogliere”.

Oltre agli incontri dettati da queste occasioni, come entrate in contatto con i vostri partner?

Dipende, a volte siamo noi ad avvicinarci, individuando i soggetti più adeguati sulla base delle caratteristiche del progetto in questione: tipologia, temi, target, ecc.

Quali sono i prossimi goal che vi proponete per quanto concerne il rapporto con i soggetti privati?

Un punto di miglioramento generale del Museo si avrà al termine del lungo e complesso processo di rinnovamento dell’edificio, a cura del Comune di Milano.

Qualche anno fa, ad esempio, abbiamo dedicato tempo ed energie per un’attività di fund raising del valore complessivo di circa 500 mila euro per la ristrutturazione dei servizi igienici del Museo, fondamentale per i nostri visitatori.

Infine, quali sono i tre suggerimenti che si sente di dare a coloro che oggi si occupano di marketing di un museo?

Innanzitutto il marketing, che è l’attività che permette al museo di dialogare con il mondo esterno e di includerlo nello sviluppo di attività culturali, è una professione che richiede precise competenze e capacità.

Bisogna conoscere il mercato delle risorse, utilizzare un metodo e un linguaggio adeguato.

In secondo luogo l’attività di marketing e fund raising non è fatta solo dall’ufficio preposto a tali attività ma da tutta l’organizzazione, che deve sviluppare una mentalità aperta al dialogo con l’esterno. La capacità di lavorare in partnership è un valore, fa parte della cultura della nostra organizzazione.

Io e il Direttore (Fiorenzo Galli, ndr) non incontriamo da soli i nostri potenziali finanziatori ma presentiamo l’organizzazione e le sue professionalità, chiamiamo a partecipare coloro che si occupano dei contenuti del progetto che proponiamo.

Molti nostri curatori si relazionano con entusiasmo con le aziende, dialogano con i loro esperti, visitano i centri di ricerca e gli archivi.

I nostri partner ci dicono che ragioniamo come un’azienda, ed in un certo senso è vero: siamo un’azienda il cui prodotto è di tipo culturale ed educativo, un servizio culturale per la collettività.